A cura di Dante Balbo
Un nuovo focolaio
di dibattito si è acceso nel panorama estivo ticinese, dopo la nostra pubblicazione
di luglio–agosto sui rapporti fra Caritas Ticino e Caritas Svizzera.
Ad accendere la fiamma è stato il professor Giorgio Zappa sul GdP del 3 ottobre 2000.
Tra l’altro scriveva: […] Non so quante parrocchie ticinesi abbiano una Caritas parrocchiale, e non so neppure se la Caritas diocesana si sforza di farle nascere, di orientarle e di sostenerle.
Eppure, questa «funzione pedagogica» è stata recentemente confermata come fondamentale nel convegno nazionale della Caritas italiana (a Rimini, all’inizio di settembre); con l’indicazione precisa di un compito: svegliare le coscienze e creare una diffusa cultura della carità. Non diversamente, fra le conclusioni del Convegno diocesano organizzativo (a metà settembre) a Triuggio della Caritas Ambrosiana si è puntato sulla necessità di «esprimersi nella comunità cristiana e non accanto ad essa». Se ne parlo qui, nell’ambito di un discorso sugli orientamenti di Caritas Ticino, è perché dalle stesse pubblicazioni di riferimento sembra doversi dedurre che questa, che io giudico una lacuna, sia invece considerata dai responsabili come una scelta preferenziale.
A lui rispondeva il giorno dopo sullo stesso giornale Dante Balbo:
[…] Quando parliamo di riduzione ad animatori parrocchiali, non intendiamo affatto disprezzare un lavoro prezioso, ma sottolineare che Caritas Ticino ha molto altro da dire e da dare in questioni che riguardano l’ambito sociale più generale e le scelte politiche di pregnanza etica e antropologica.
Nel 1980, Caritas Ticino è stata coinvolta in un’esperienza straordinaria, da cui sono nati molti gruppi parrocchiali: l’accoglienza dei profughi vietnamiti sbarcati in Svizzera dalle navi della speranza.
In quel caso, fummo protagonisti dell’animazione, mettendo a disposizione tutta la nostra professionalità, ma era la base ad essere coinvolta, la domanda nasceva dal basso e si trattò solo di indirizzarla, coagularla attorno ad obiettivi concreti.
Negli anni che seguirono, molte volte abbiamo tentato di coinvolgere le parrocchie sul tema della Carità, con risultati a dir poco scoraggianti, a parte alcune lodevolissime eccezioni di parrocchie che hanno una percentuale rilevante di laici impegnati e una buona attività di sensibilizzazione ai bisogni; qui le possibilità di animazione sono effettivamente sfruttate.
Nel panorama più generale, due ci sembrano i fattori in gioco: il mutato rapporto dei fedeli con la parrocchia e la trasformazione del modo di pensare la solidarietà.
Con il passare degli anni, preso atto dell’evolversi della situazione, Caritas Ticino ha maturato l’idea che fosse più efficace, anche se non sostitutivo, poter sensibilizzare la popolazione attraverso i media a nostra disposizione.
E’
una nostra proposta quella di invertire addirittura il metodo dell’animazione
parrocchiale classica, promuovendo la possibilità che la parrocchia utilizzasse
dei media elettronici, per promuoversi e lanciare le proprie iniziative (vedi
Caritas Insieme n.3 2000).